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Quando la battuta mette a disagio

Molestie sul posto di lavoro tra rabbia e senso di colpa

Il filone Weinstein e il movimento #MeToo, nel bene o nel male, hanno aperto una finestra sulle molestie che avvengono nel mondo dello spettacolo e, in breve tempo, hanno dimostrato che abusi e molestie avvengono in ogni ambiente lavorativo: in fabbrica, negli ospedali, a scuola, in ufficio o dentro un call center, perché il lavoro è la dimensione che assorbe la maggior parte del nostro tempo ed è proprio lì che nascono gli squilibri e le condizioni che creano ricatti.

Le “battute” che non fanno ridere e mettono in imbarazzo sono all’ordine del giorno: “che vestitino da maestrina” oppure “sai… è la mia posizione preferita” sono solo alcune delle “attenzioni” ricevute, un capitolo difficile da digerire che mostra il disagio che si prova in ambienti dove conversazioni volgari sono normali e che, per i colleghi uomini, non dovrebbero scandalizzare nessuno.

È chiaro come colei che si trova ad essere oggetto di condotte pregiudizievoli si venga a trovare in una posizione potenzialmente letale, ovvero quella di perdere i propri riferimenti o addirittura il proprio lavoro, con tutte le conseguenze che ne derivano: tanto più la vittima sarà fragile, maggiori saranno le conseguenze.

La violenza subita può assumere diverse forme: dal demansionamento alla dequalificazione, dall’isolamento senza incarichi significativi alla privazione degli strumenti lavorativi, fino agli attacchi diretti o indiretti alla propria reputazione. Nonostante la diversità delle azioni, tutte le varie forme di molestie hanno un comune denominatore: la condotta lesiva dei diritti del lavoratore che, inevitabilmente, genera situazioni stressanti che possono causare gravi disturbi psicosomatici.

Affaticamento fisico ed emotivo, atteggiamento distaccato e apatico nei rapporti interpersonali, frustrazione per mancata realizzazione delle proprie aspettative, inutilità, inadeguatezza, insoddisfazione, la percezione di essere sfruttate o poco apprezzate sono sensazioni che potrebbero generare condotte di fuga dal lavoro o, addirittura, ricadute patologiche con atteggiamenti aggressivi verso se stessi o gli altri.
Occorre, quindi, individuare strategie operative e un’attività comunicativa che incrementi un clima e una cultura aziendale capace di bandire tali fenomeni, riportando tutto su un piano di solidarietà sociale con regole chiare e obiettivi umani raggiungibili.

In conclusione, una cultura aziendale orientata alla prevenzione e alla sensibilizzazione di ogni lavoratore permetterebbe di prevenire o ridurre il rischio di molestie. La formazione per le risorse umane sui rischi e ricadute negativi che si possono generare a causa di una cattiva gestione dei rapporti umani e lavorativi, oltre all’adozione di un “Codice Etico”, rappresenterebbe la risposta all’esigenza di dare una dimensione etica e responsabile all’attività di ogni azienda: una carta dei diritti e dei doveri morali, una reale guida pratica dell’agire imprenditoriale.