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La comunicazione del gioco nel tempo – prima parte

La percezione sociale e le normative di riferimento

La crisi che si trova a gestire la comunicazione del gioco nasce dalla netta separazione tra la realtà e la percezione dell’opinione pubblica.
Il gioco vive da anni una sovraesposizione mediatica perennemente negativa, a differenza di altri temi di alto impatto sociale. Alla base si riscontrano motivazioni di natura etica, dal momento che il gioco è sempre associato ad un concetto di vizio; motivazioni politiche: l’attacco al gioco produce consensi utili alla propaganda specialmente attraverso i social network, dove la comunicazione è basata su slogan e messaggi brevi; motivi economici, disinformazione e scarsa preparazione dell’opinione pubblica sul tema.

Certo è che il settore del gaming, nell’ultimo ventennio, si è trovato a gestire una situazione in continua evoluzione, in particolare sulla tipologia di offerta proposta e sulle politiche di comunicazione messe in atto dalle imprese attraverso i diversi strumenti – PR, Marketing diretto, ADV, sponsorizzazioni e via discorrendo. I processi comunicativi hanno dovuto adattarsi per far fronte alle continue richieste degli utilizzatori/consumatori.
La comunicazione, intesa come dialogo a due vie con il proprio target, diventa così la principale chiave per sviluppare, valutare, correggere la strategia aziendale.

La comunicazione come strumento di propaganda politica

La crisi della comunicazione del settore è iniziata con il decreto pro Abruzzo, approvato nel 2009 dal governo Berlusconi IV, per dare sostegno alle zone colpite dal terremoto. Il Decreto introduceva nel mercato le videolotteries, macchine di nuova generazione, collocate in ambienti dedicati, ulteriore fonte di introito per lo Stato.
Fino a quel momento, la comunicazione aveva vissuto un’epoca di sostanziale compromesso mediatico, tra detrattori e sostenitori, come una qualunque altra industria del Paese.

Il Decreto ha costituito un vero e proprio spartiacque. È stato percepito dai cittadini come espressione di una volontà politica precisa di sostegno al settore e una conseguente presenza più massiccia del gioco sul territorio.
Periodici, settimanali, quotidiani e tv iniziano ad affollarsi di servizi e inchieste costruiti sulla pericolosità del gioco per le fasce deboli della popolazione e sulle rischiose connessioni di una parte degli operatori. Sono passati tredici anni e non si è più riusciti a trovare un equilibrio tra volontà politiche, problematiche sociali e interessi economici.
Non vi è alcun dubbio che da quel momento si sono poste le fondamenta per la costruzione di una percezione distorta dell’opinione pubblica sui giochi, che continua, di fatto, ad esistere.

Parallelamente, la Rete inizia a diventare un importante e popolare luogo di rappresentazione e di costruzione della realtà. I social media iniziano a rivoluzionare il nostro modo di interagire, portandoci a trascorrere sempre più tempo online.

Ai media di massa, come la televisione, la radio e i giornali – che non permettono alcun tipo di interazione con l’utilizzatore passivo – si aggiungono i social media che, al contrario, consentono un’interazione di massa e permettono ai cittadini comuni di partecipare alla conversazione apportando un loro contributo, ponendo tutti gli utenti allo stesso livello.

La comunicazione politica, da sempre legata alle piazze, si trasferisce direttamente nelle case degli elettori. Fino a diventare protagonista del web. Lo spazio digitale consente di puntare sulla visceralità e sull’emozione degli elettori, di essere a contatto con la “gente” permettendo di fare, di fatto, propaganda.

La propaganda non ha alcuna connotazione negativa a priori. Com’è facile arguire, tuttavia, può diventare con estrema facilità il terreno privilegiato di produzione e sviluppo di informazioni false o fuorvianti, create non già per condividere una questione, ma per distorcerne la comprensione da parte del pubblico e promuovere una causa, un prodotto e/o una fazione politica. La differenza non si fa più con i contenuti, ma con la portata, con una diffusione massiva di argomenti che possono talvolta essere anche falsi e tendenziosi, oppure semplici opinioni morali e/o personali.

Questo processo ha inesorabilmente coinvolto anche il mercato del gaming. Al fine di raccogliere sempre più consensi, molti esponenti del terzo settore, di parte della politica e alcuni opinion makers, hanno utilizzato i social network come un formidabile strumento offensivo per demonizzare il gioco, non dedicando la stessa attenzione ad altri fenomeni sociali che colpiscono la popolazione come alcol e tabacco.

continua…


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