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Parità di genere e congedi familiari (Seconda parte)

Agevolare le famiglie con figli, promuovere la cultura della condivisione della cura dei figli e della genitorialità, favorire una piena uguaglianza di genere nella ripartizione dei ruoli e la conciliazione della vita lavorativa con quella familiare, sono tutti principi posti alla base degli obiettivi del decreto legislativo 105 del 30-6-22 che contiene le nuove regole sui congedi parentali.

Diverse le novità che sono state introdotte:

  • Il congedo di paternità obbligatorio:

consente al padre lavoratore di fruire di un periodo di congedo di 10 giorni lavorativi, (non frazionabili ad ore e fruibili anche in via non continuativa), autonomo rispetto a quello della madre. In caso di parto plurimo, la durata del congedo è aumentata a 20 giorni lavorativi. Il congedo si applica anche al padre adottivo o affidatario. 

Per i giorni di congedo di paternità obbligatorio è riconosciuta un’indennità giornaliera pari al 100% della retribuzione. Il nuovo congedo di paternità obbligatorio può essere fruito a partire dai due mesi prima della data presunta del parto fino ai 5 mesi successivi alla nascita del figlio e resta valido in caso di morte perinatale del figlio.

  • Le lavoratrici autonome 

Alle lavoratrici autonome è riconosciuta un’indennità giornaliera anche per i periodi antecedenti i due mesi prima del parto, nel caso di gravi complicanze della gravidanza o di persistenti forme morbose che si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza.

Grazie a questo decreto raddoppia il tempo durante il quale sarà possibile usufruire del congedo parentale, prima previsto fino al sesto anno di vita del figlio sarà ora esteso fino ai suoi 12 anni. 

Entro il dodicesimo compleanno di ciascun figlio, ciascun genitore che lavora potrà richiedere, per un totale di tre mesi, un’indennità pari al 30% della retribuzione. Ulteriori tre mesi, con la medesima indennità sono concessi in modo alternato a uno dei genitori. In altre parole, la coppia genitoriale potrà usufruire di 9 mesi totali di congedo coperto dall’indennità INPS del 30%: 3 mesi per la mamma e 3 mesi per il papà, per un totale di sei mesi, ed altri 3 mesi per uno solo dei due genitori.

Alla luce della novella normativa, i periodi di congedo parentale indennizzabili sono i seguenti: alla madre, fino al dodicesimo anno di vita del bambino (o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento) spetta un periodo indennizzabile di 3 mesi, non trasferibili all’altro genitore; al padre, fino al dodicesimo anno (e non più fino al sesto anno) di vita del bambino (o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento) spetta un periodo indennizzabile di 3 mesi, non trasferibili all’altro genitore; entrambi i genitori hanno altresì diritto, in alternativa tra loro, a un ulteriore periodo indennizzabile della durata complessiva di 3 mesi, per un periodo massimo complessivo indennizzabile tra i genitori di 9 mesi (e non più 6 mesi).

Al genitore solo, sono riconosciuti 11 mesi continuativi o frazionati, di congedo parentale, di cui 9 mesi (e non più 6 mesi) sono indennizzabili al 30% della retribuzione.

  • Famiglie monogenitoriali

In una famiglia monogenitoriale, l’unico genitore presente potrà usufruire da solo dei 9 mesi di congedo, sempre entro i primi dodici anni di vita del figlio e con un’indennità del 30% della retribuzione. La durata del congedo resta invariata secondo quanto già previsto dall’art.33 del D.lgs n.151/2001 in caso di figli con disabilità: tre anni entro il 12esimo anno di età con un’indennità del 30% della retribuzione per tutto il periodo di congedo. 

Il D.gs. 105/2022 è stato emanato sulla spinta di una Direttiva della UE (la n. 2019/1158).

Nel contesto europeo, già a partire dagli anni ’90 si è potuta osservare una tendenza verso una maggiore perequazione dei ruoli genitoriali nell’ambito della famiglia, come strumento per consentire alle donne di conciliare al meglio il loro ruolo di madri con l’obiettivo primario di un raggiungimento di una sostanziale parità di genere in ambito sociale e lavorativo.

Nel contesto nazionale, questa riforma, pur rappresentando un importantissimo passo avanti della, non ci pone ancora in linea con quanto avviene nei più evoluti Paesi europei: ad esempio, in Spagna entrambi i genitori hanno diritto a 16 settimane retribuite al 100%, in Svezia una coppia ha diritto ad un totale di 480 giorni, 240 a testa o da dividere come meglio credono.

Questi brevi esempi dimostrano come e quanto la cultura politica italiana, che in buona parte riflette vecchi retaggi culturali ancora presenti nella nostra società, sia ancorata ad una visione patriarcale della famiglia, la quale riflette una visione secondo cui la cura della casa e dei figli sia di competenza esclusiva della donna.

Un ulteriore passo per emanciparci da questo gap culturale sarebbe quello di dare concreta attuazione a quei progetti politici -portati avanti, pur con differenti sfumature, da quasi tutte le forze politiche presenti in Parlamento anche nel corso dell’attuale campagna elettorale – di dotare l’Italia di un’adeguata rete di asili nido pubblici: il raggiungimento di questo obiettivo, oltre che favorire la tutela della maternità e della parità di genere, presenta importanti risvolti sul tema dell’uguaglianza e della giustizia sociale.

Fine

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